C’è un posto molto particolare in centro a Firenze. In uno dei luoghi a più alta densità turistica del mondo, il tratto di Lungarno tra gli Uffizi e Ponte Vecchio, si trova una piccola porta verde con un batacchio di ottone. È la Società Canottieri di Firenze, che ha la sede tra i sotterranei degli Uffizi e la riva dell’Arno, giusto sotto Ponte Vecchio, dove escono con le barche.

“Io venni qua nel 1965, portato da mio fratello, perché ero un bambino grasso”. Alberto Menini, amministratore della società, è la memoria storica della Canottieri, dove è stato prima sportivo e poi ha sempre lavorato. “Mi piaceva l’ambiente e l’allenatore di allora, Bruno Bianchi, mi invitò a provare. Mi vedeva alto e con una buona struttura per un vogatore. Ero molto grosso, ma ero talmente giovane che avrei potuto facilmente perdere peso. E così fu”. Dopo l’alluvione del ’66 Menini cominciò a vogare seriamente e molto velocemente entrò in Nazionale. A 17 anni, nel 1969, fece la sua prima gara internazionale, il campionato junior in Svizzera. Poi arrivarono i campionati europei, in cui vinse il primo titolo con la maglia azzurra, fino a proseguire nella Nazionale maggiore con competizioni internazionali che lo portarono un po’ ovunque nel mondo. Unico rimpianto, le Olimpiadi. “Per uno sportivo le Olimpiadi sono il traguardo

più importante. Purtroppo, per vicissitudini della vita, ho partecipato alle qualificazioni, ma poi non ho potuto seguire la squadra”.

Pur lasciando l’agonismo, Alberto Menini non è mai riuscito a lasciare il canottaggio ne’ la Società. “Ho insegnato a centinaia di ragazzi questo sport, con grandissime soddisfazioni. Uno di questi, Federico Fossi, ha già partecipato alle Olimpiadi di Londra e di Rio: un ragazzo eccezionale, un fuoriclasse”.

Oggi, i soci della Canottieri Firenze sono circa 700. Quando Alberto nella Società erano 150. “Sicuramente, però, c’era un’altra atmosfera, un attaccamento profondo dei soci. La domenica era sempre pieno e si stava ore ad ascoltare gli aneddoti dei vecchi canottieri. I soci si impegnavano economicamente per comprare nuove barche affinché i ragazzi potessero praticare. C’erano meno possibilità, eravamo meno a praticare lo sport; alle gare andavamo sempre precisi precisi in 4 o 6, oggi andiamo con 20 atleti senza problemi”.

Il canottaggio come sport arriva dall’Inghilterra. In Italia il centro più importante è inizialmente Torino, dove nasce il Rowing Club Italiano nel 1888, ma è sull’Arno che nasce la prima società sportiva: la Canottieri Limite, fondata a Limite sull’Arno nel 1861. Nel 1886, la prima società del capoluogo toscano si chiama semplicemente Firenze. Il primo impulso viene dalle gare in Arno del 1887, disputate durante le celebrazioni per l’inaugurazione della facciata del Duomo di S. Maria del Fiore. In quell’occasione gareggiarono cinque società : la Firenze di Firenze, la Salvatori di San Romano, la Limite di Limite sull’Arno, le società Ginnastica Livornese Sebastiano Fenzi e Alfredo Cappellini di Livorno. Successivamente, nel 1911, dalla fusione della società Libertas e Florentia nacque, sul galleggiante sotto il Ponte Santa Trinità, la Società Canottieri Firenze. Il galleggiante a Santa Trinità, un “elegante chalet” come viene definito sul sito della Canottieri, veniva però continuamente travolto dalle piene; è così che nel 1933 la società si sposta nella sede attuale, tra i sotterranei degli Uffizi e la sponda dell’Arno.

Le celle dei sotterranei erano lunghe e strette: perfette per le lunghe e strette barche da canottaggio.

E l’alluvione? “Il giorno dopo quel 4 novembre – racconta Alberto Menini – arrivammo qui, riuscimmo ad aprire la porta e sotto trovammo la distruzione totale. Fango dappertutto, la maggior parte delle barche distrutte. Le poche sopravvissute le usiamo ancora oggi per fare scuola. “L’alluvione, però, rappresentò un momento importante per noi. Molte Federazioni ci regalarono delle barche per ricominciare e ogni gara in cui andavamo eravamo accolti con immediata simpatia perché eravamo i Canottieri di Firenze”.

Oltre alla sede storica agli Uffizi, la società ha una sede per gli allenamenti della squadra agonistica a Varlungo. Nella sede di Ponte Vecchio ci sono le barche di maggior valore, non solo per il loro pregio, ma anche perché testimoniano ognuna la vita di una persona, un momento della società e dell’Italia. “Le barche con il nome hanno tutte una storia dietro”, dice Alberto guidandoci nella cella delle imbarcazioni e inicandoci diverse barche. “Questa, ad esempio, è la barca dedicata a Zio Dante, un consigliere della Canottieri. Era un dipendente della Fondiaria, non aveva famiglia. La Canottieri era la sua famiglia. E se ne è occupato fino alla fine: per questo abbiamo voluto dedicargli una barca. Quest’altra barca è dedicata a Sergio Orsi – continua Menini – vicepresidente della Federazione Italiana Canottaggio e membro del CIO. Il figlio, anche lui socio, ha voluto regalare alla Canottieri questa barca con il nome del padre e ci ha donato anche la fiaccola dei giochi Olimpici di Seul. C’è pure una barca donata da un signore deportato in un campo di concentramento durante la guerra: per ricordare il proprio passato, quest’uomo volle donare alla Canottieri una barca con la scritta Israele e il numero che portava tatuato sul braccio. Non si è mai saputo chi fosse, è rimasto anonimo”.

 

Cecilia Ferrara